La qualifica di datore di lavoro non è solo questione di forma
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione ha ritenuto responsabile l’imputato che aveva formalmente cessato l’attività ben trentuno anni prima dei fatti contestati per non aver nominato il RSPP, il medico competente, nonché per non aver fornito al lavoratore DPI adeguati.
Secondo la Corte, infatti, «la qualifica di datore di lavoro si radica non già in una veste meramente formale, bensì nell’effettiva titolarità del rapporto di lavoro con il lavoratore; e ciò per l’evidente ragione di evitare che il titolare del rapporto di lavoro possa sottrarsi al rispetto delle prescrizioni in materia di prevenzione degli infortuni sol perché l’esercizio dell’attività di lavoro non è organizzata in forma societaria».
La Corte richiama, quindi, il principio di effettività, desumibile dall’art.299 D.Igs. 81/2008 e da ritenersi ormai consolidato in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
In base al suddetto principio assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto.
Per una chiara definizione degli ambiti di responsabilità, si è espressa, con riguardo ai soggetti complessi, Cass. pen., n. 22606/2017, secondo cui è generalmente riconducibile «alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (cfr. sez. 4 n. 24136 del 06/05/2016, Rv. 266853)».