Decreto fiscale convertito in legge: quali novità per TASI, IMU E TARI?

Il decreto legge 119/2018, meglio noto come decreto “fiscale”, è stato convertito con molte modifiche dalla legge 136/2018.

Il testo definitivo della legge consente di estendere alcune misure in materia di “pace fiscale” anche ai tributi locali, come IMU, TASI e TARI.

Innanzitutto, potranno essere definiti in maniera agevolata gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione e gli atti di recupero notificati entro il 24 ottobre 2018, non impugnati e ancora impugnabili. Il procedimento potrà essere chiuso con il pagamento delle somme complessivamente dovute per le sole imposte, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro trenta giorni dalla predetta data o, se più ampio, entro il termine di cui all’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

Allo stesso modo potranno essere definiti gli accertamenti con adesione sottoscritti entro il 24 ottobre 2018 e le somme contenute negli inviti al contraddittorio, notificati entro il 24 ottobre 2018.

Inoltre, vi è la possibilità per i Comuni di applicare entro il 31 marzo 2019 le disposizioni relative alla definizione agevolata delle controversie tributarie alle cause in cui esso o un suo ente strumentale è parte.

Pertanto, ove i Comuni decidano, con propri atti deliberativi, di applicare questa misura, i contribuenti che si trovano in causa con lo stesso, in qualsiasi stato e grado del giudizio possono definire la causa (purché essa non si sia già conclusa con una pronuncia definitiva) – se sono stati loro a dare avvio alla controversia con atto notificato entro il 24 ottobre 2018 – con il pagamento di un importo pari al valore della controversia.

Se il ricorso, si trova soltanto in primo grado, il contribuente potrà definire la controversia con il pagamento del 90 per cento del suo valore.

Se, però, il Comune risulta soccombente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data del 24 ottobre 2018, le controversie possono essere definite con il pagamento:
a) del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
b) del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

In caso di accoglimento parziale del ricorso, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta (40 o 15 per cento, secondo i criteri sopra descritti) per la parte di atto annullata.

Infine, se alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (19 dicembre 2018) pende innanzi alla Corte di cassazione una controversia nella quale il Comune risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, essa può essere definita con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia.